E poi siamo noi gli sciacalli

Reggio Emilia, un uomo condannato a 19 anni per associazione mafiosa, Francesco Amato, si barrica dentro un ufficio postale e tiene in ostaggio 5 donne. Poco dopo una di esse si sente male e lui la fa uscire. Nonostante tutto mostra umanità... lui.

Sottolineo quel "lui" perché fuori dall'ufficio postale si assiepano non solo giornalisti ma soprattutto curiosi.

L'uomo chiede di parlare con il ministro dell'intero: la gente fuori cazzeggia facendo finta di chiamarlo. Lo spettacolo e le risate dei curiosi è pari ad un circo ed infastidisce noi che stiamo pronti a carpire qualsiasi notizia possa essere utile.

Ridono, gli spettatori, prendono il tutto come fosse un gioco. Fanno i selfie, mangiano un panino, chiamano gli amici, fanno le dirette Facebook.

Ma siamo noi che poi veniamo additati come sciacalli, come quelli che vivono di drammi.

Noi ci portiamo il pane a casa, non ci godiamo di questo, pochi lo capiscono. Non facciamo la diretta Facebook per diletto ma per lavoro, per sopravvivere.

Vorremo stare in altre parti non qui... ricordatelo.

Alle 17 circa l'uomo si è arreso. Non ha fatto gesti violenti o estremi, non sono intervenute le teste di cuoio e neanche ci sono state telefonate di nessuno. 

Però, mentre noi cameraman e giornalisti provavamo a filmare le persone tenute in ostaggio, venivamo spostati dai curiosi che dovevano fare la foto che poi sarebbe stato usata per...? NULLA. E mentre i vari curiosi scattavano foto, io venivo minacciato da un parente di Amato che, se non avessi spento la telecamera, me l'avrebbe spaccata in testa. E se non ci fossero state le forze dell'ordine, forse lo avrebbe fatto.

Io venivo minacciato ed i curiosi passavano qualche ora allegra e differente, dovevano documentare per la loro sadicità una situazione che spero, non debbano mai vivere.