Figli della Miniera

Il mio romanzo Figli della Miniera, pubblicato con Youcanprint in autopubblicazione perché l'editoria in Italia è solo a pagamento (guarda la scheda) è la storia di Pedro ed Hernann, un ricco ed un povero, l'alfa e l'omega della società alle pendici del Cerro Rico, la miniera d'argento della Bolivia che per anni, da anni, fa arricchire e morire le persone.
E' una storia di pura fantasia o meglio, i personaggio sono inventati così come la loro storia perché la miniera, insieme al suo dramma e allo sfruttamento che l'uomo si è sentito in diritto di operare, sono esistiti veramente e, purtroppo, esiste ancora oggi.
Il Cerro Rico, la montagna ricca, ti saluta appena arrivi a Potosi e sembra quasi il deposito di Zio Paperone, ma non fa sorridere: come la vedi è maestosa, subito dopo diventa inquietante.Sono entrato nelle viscere del Cerro Rico, seguendo una visita organizzata per l’allora ambasciatore italiano in Bolivia, Silvio Mignano; ma tutto ciò non sarebbe stato possibile se non vi fosse stato il vulcanico Maurizio Angeloni, il medico che aveva il compito di gestire il programma della Cooperazione Italiana.Per poche ore, sono stato in empatia con i minatori che vivono lì dentro. Solo che poi io sono uscito, mi sono fatto una doccia e la vita è tornata “normale”.Loro la sera sono usciti per poi rientrarci il giorno dopo. E quello dopo ancora. E poi ancora. Fino a che el Tio, non verrà a chiedere il conto.Pedro ed Hernann non sarebbero mai potuti esistere in una società dove il divario tra il ricco ed il povero non solo era formale (i soldi) ma anche culturale. Non c’erano associazioni e sindacati che difendevano chi si spaccava la schiena dentro la miniera, ed anche i religiosi si preoccupavano soprattutto della loro decima.Però mi piace pensare che in un qualsiasi momento, due persone abbiano pensato che il corso della storia si potesse cambiare in meglio, e soprattutto che ci abbiano provato. Non c’erano i social network ma c’era l’onesta intellettuale e spirituale. E quello, anche oggi, può bastare a cambiare il corso della storia.Ho cominciato a scrivere quando mio figlio prendeva a calci mia moglie da dentro al pancia. Era estate, faceva caldo, e non avevo voglia di andare in piscina ma piuttosto di levarmi la sensazione di inquietudine che l’esperienza della miniera mi aveva lasciato da parecchi mesi. Mi sono messo al computer e le dita hanno lavorato da sole.E come diceva Alessandro Manzoni, questa conclusione, benché trovata da povera gente, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia. La quale, se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata. Ma se invece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta.


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